Nella notte del 24 febbraio, dopo un periodo di forti tensioni, la Russia ha invaso l’Ucraina. Le truppe del Cremlino hanno portato avanti l’offensiva su quattro direzioni. Crimea, Kharkiv, Lugansk e Bielorussia un processo di accerchiamento alla capitale Kiev.
Gli avvenimenti a cui assistiamo sono drammatici, la capitale spettro di sé stessa con la popolazione rintanata nelle metropolitane, trasformate in rifugi contro le bombe ed un clima di terrore a far da padrone indiscusso.
La guerra è il massacro di persone che non si conoscono, per conto di persone che si conoscono ma non si massacrano. (Paul Valéry)
La scelta della Russia ha comportato ingenti conseguenze anche sui mercati finanziari.
Dalle prime ore del conflitto si è subito registrata una crescita del costo delle materie prime.
Con gli scontri in corso le disponibilità di materie prime saranno soggette a restrizioni comportando un aumento dei prezzi.
Dopo il duro colpo, già inferto dalla situazione pandemica degli ultimi due anni, la solidità finanziaria globale è vicina al tracollo.
La possibilità di una crescita economica ormai sa di utopia e si sta profilando una situazione di considerevole pericolo.
Guerra Russia-Ucraina ed il nuovo rialzo dei prezzi di petrolio e gas
Con una sola giornata di guerra il petrolio europeo (brent) è salito sopra i 100 dollari al barile, per la prima volta dopo sette anni. I future del WTI, invece, sono arrivati a oltre 98 dollari al barile.
Il costo del gas ha subito un rialzo fino al 58%, oltre 140 euro per Megawattora. Il clima che si respira è saturo di incertezze legato agli esiti di questo attacco e per i suoi effetti sia geopolitici che economici.
Estremamente sensibili i prezzi dei carburanti, giungono segnalazioni di circa 2 euro al litro per la benzina e 1,80 per il diesel.
La Russia ed il suo ruolo nello scenario energetico europeo
Secondo produttore al mondo di petrolio, maggior fornitore di gas naturale in Europa, stando ai dati del 2019 L’Unione Europea importa 41,1% di gas dalla Russia.
Facendo gioco forte il Cremlino ha minacciato un taglio dei rifornimenti di gas, se ciò accadesse i paesi dovranno contare sulle proprie scorte. L’autonomia prevista è fino ad aprile. Questo scenario comporterebbe una riduzione dei consumi ed il vagliare soluzioni alternative. Il fantasma di centrali nucleari e a carbone si profila all’orizzonte. Sicuramente un conflitto duraturo segnerebbe la fine della già agonizzante ripresa economica, rendendo verosimile una condizione di stagflazione.
Vedremo il crescere dell’inflazione, lo stop della crescita del PIL ed il rallentare delle attività produttive soffocate dall’aumentare dei costi dell’energia.
Se il quadro europeo non è dei più felici la decisone della Russia avrà pesanti ripercussioni anche in Italia.
Secondo il Ministero della Transizione Ecologica, il nostro Paese importa il 43,3% del gas naturale dalla Russia. Metà delle importazioni non verrebbero garantite e non c’è un “piano B” poiché la produzione interna è del 10% del fabbisogno. Cingolani, spiega come l’obiettivo a breve termine dell’Italia sia quello di ridurre la dipendenza dalla Russia, rafforzando quello da Algeria, Qatar e dal gas liquefatto dall’America.
In questi momenti drammatici l’urgenza di diversificare le fonti energetiche e convertirsi alle rinnovabili è sempre più impellente. Accelerare sulla transizione energetica significa, quindi, mettersi a sicuro anche in casi di necessità e crisi.
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